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In questi anni i media digitali hanno ridefinito i contorni del dibattito politico in modo radicale. Dopo una prima lettura – ottimistica – che ha visto nella tecnologia un’opportunità di allargamento (dell’arena del confronto, dei temi in discussione, delle opportunità di contatto tra rappresentanza e corpo elettorale), una riflessione più attenta è passata a evidenziare i limiti di una democratizzazione solo apparente, incapace di incidere sulle distorsioni dei processi di rappresentanza tradizionale e sulla loro efficacia (come i costanti valori dell’astensionismo parrebbero dimostrare).
Negli ultimissimi tempi, infine, gli scandali delle “piazze digitali” hanno impresso nuova forza a una lettura apocalittica che interpreta i processi di partecipazione “digitalizzati” come il luogo di una più raffinata e potente riproposizione delle pratiche manipolative dei vecchi media.
Ma venendo al futuro, quale ruolo è lecito attendersi, per la mediazione tecnologica, nel prossimo decennio? In che modo il paradigma digitale (velocità-capillarità-customizzazione) inciderà sulla qualità e sulle modalità dell’esercizio della rappresentanza?
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